Gabriella Aiello
voce
Carlo Travierso
sassofono soprano
Paolo Fontana
chitarre
Fabio Lorenzi
chitarre
Matteo Coticoni
contrabbasso
Lucrezio de Seta
percussioni
e con
Cinzia Maccagnano e Luna Marongiu
impianto scenico
Alessandro Giuliani
ideazione teatrale
Cinzia Maccagnano e Luna Marongiu
assistente
Oriana Cardaci
comunicazione
Stefania Graziani
Lo spettacolo prende spunto da La luna dei Borboni, una raccolta poetica del 1952 di Vittorio Bodini [Lecce 1914 – Roma 1970] uno dei maggiori interpreti e traduttori italiani della letteratura spagnola.
I brani dello spettacolo sono tutte canzoni inedite scritte su testi di Vittorio Bodini [in accordo con la BESA Editrice], alcune delle quali con citazioni del poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca [dei cui versi Bodini è stato ed è tuttora il traduttore di riferimento] e su testi originali di Flavio Ciatto, Fabio Lorenzi e Cinzia Maccagnano.
Una ricerca attraverso la poesia dove il Sud diventa tematica portante ed apre un percorso sulla memoria.
Il Sud si fa così riscoperta di un tempo fuori del tempo, contesto dove “fermarsi a ricercare quel passo umano perduto che scandiva la vita nel suo divenire”.
Due personaggi in bianco, come due stranieri sfuggiti all’anima, si affacciano sulla scena evocati dalla musica, come se la vita stessa li interrogasse, e si scoprono smarriti, come chi, fuggendo rapido da ormai svuotate certezze, ha perduto la memoria e si ritrova a correre senza una meta, con lo sgomento di chi osserva il proprio presente come si osserva il ciglio di un baratro, poiché perduta la memoria del proprio tempo, si perde con essa anche il desiderio di futuro.
Convivono nella scena due spazi simultanei e paralleli, quello della musica e quello della rappresentazione che si completano così come i sentimenti si rivelano attraverso i sogni.
Lo spazio deputato alla rappresentazione è concepito come un vero e proprio “set” dove le rarefatte azioni degli attori/danzatori si svolgono in concomitanza con il susseguirsi della trama musicale presente e viva, sebbene nostalgica.
La musica diventa veicolo imprescindibile dell’emozione: continuamente oscillante tra disillusione e aspettativa, porta l’ascoltatore in un tempo non classificabile, attraverso raffinate atmosfere penetra malinconica, ma allo stesso tempo carica di inquieta energia.
Il canto esalta la drammaturgia dei testi e arricchisce la parola, rafforzando il grido di disincanto e di speranza, proprie dei versi di Bodini, poeta “disilluso senza rimpianti”.